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Una foto di merda dopo la postproduzione è sempre una foto di merda

snapshot_to_fine_artOk, si tratta di un titolo forte, scorretto e che emana uno spiacevole odore, ma tant’è e non sempre si può essere dei signori davanti alla marea di schifezze che vengono dalla rete sulla tema della postproduzione.

L’occasione del post nasce da due chiacchiere in rete con Giovanni Cecchinato in merito ad un suo post sul bianco e nero, perché oggi, nell’era digitale, il glorioso black&white è considerato spesso come una pratica di postproduzione.

Poi succede che in rete ti imbatti in articoli come questo su uno dei siti di fotografia più frequentati della rete dove il titolo tradotto letteralmente “Come trasformare una brutta istantanea in una grande foto fine art in bianco e nero con lightroom” ed allora ti girano i santissimi e pensi “ma davvero è possibile continuare a tacere davanti a tanto scempio?”

Premessa fondamentale, così chiariamo subito il concetto: non sono contrario alla postproduzione, anzi è parte integrante del processo creativo ed è necessario che ogni fotografo ne conosca le tecniche base, d’altronde è quello che succede con la stampa in camera oscura, quando l’immagine prende vita da un negativo pieno di grigi grazie al contrasto, alle bruciature e mascherature e ad altre tecniche di elaborazione di stampa.

Ma la cosa fondamentale è che in testa devi avere un’idea, devi sapere preventivamente dove vuoi arrivare prima di fare click e non sederti a posteriori davanti al monitor e pensare di usare un qualsisasi plugin o tutorial per dare vita a uno scatto che sa di scarico fognario. Lo stesso Settimio Benedusi, in un suo noto post, aveva paragonato il bianco e nero ad un tortino al cioccolato, che qualsiasi ristorante sbatte all’interno del proprio menù, tanto piace a tutti. Mi viene francamente da ridire ogni volta che sento o vedo persone che propongono una serie a colori e ogni tanto ci infilano dentro una foto in bianco e nero.

“Scusa ma perché hai messo una foto in bianco e nero?”

“Perché l’ho vista così”

“L’hai vista in bianco e nero?”

“Si”

No, la verità è che a colori faceva pena ed hai pensato di usare il bianco e nero in postproduzione per tentare darle una dignità, ma il risultato è penoso perché si vede benissimo che non era stata pensata tale. Uscire per far foto a colori è profondamente diverso dall’uscire per far foto in bianco e nero e non c’è postproduzione che tenga.

La vera differenza tra un fotografo della domenica ed uno bravo è proprio questa capacità di previsualizzare il risultato, il sapere cosa si vuole ottenere prima del click, tutto il resto è conseguenza di questa visione interiore.

La prima volta che ho capito questo concetto è stato circa una decina di anni fa, quando ho conosciuto Mario Lasalandra durante la presentazione al Fotoclub di Padova: lui immortalava i suoi sogni, le sue visioni e prima di scattare la foto disegnava ciò che avrebbe realizzato fotograficamente successivamente.

Quella sera è stata e rimarrà per me indimenticabile.